mercoledì 6 aprile 2011

Di Ruby e dei giovani italiani

Stasera piove, non perdiamo tempo ed entriamo subito.
Solito bar, solito tavolo: siamo clienti affezionati. Appoggiamo le giacche sulle sedie e ordiniamo qualcosa.
Il venerdì sera, tra uno spuntino e l'altro, si parla un po' di tutto: della settimana appena trascorsa, degli esami da preparare, dei progetti per un viaggio, di un concerto da andare a vedere.
La politica non è un tema di discussione che affrontiamo spesso, i miei amici non sono informatissimi sull'attualità del nostro paese. Io probabilmente sono più informato di loro, e quando saltuariamente si cade su questo argomento ho un punto di osservazione che mi consente di cogliere alcune sfumature delle loro opinioni.

Arrivano i nostri drink, e lentamente la nostra conversazione si sposta sul caso Ruby, troppo invitante per poter essere risparmiato dalle nostre considerazioni. Non è la prima volta che scandali sessuali turbano la figura di Berlusconi, ma stavolta è successo qualcosa di diverso: dalle intercettazioni emerge chiara la figura di un uomo debole, non dell'uomo di successo invincibile che magari poteva affascinare molti giovani.

Colgo l'occasione per incalzarli proprio su quanto accaduto. Voglio sapere cosa ne pensano. Si crea una situazione davvero buffa: i miei amici sembrano quasi imbarazzati, sembra che si sentano a disagio nel dover per forza condannare un gesto che di fatto non li tocca, non li indigna.
Non sono colpiti oltre un tanto da quello che è successo.
Si stringono nelle spalle, sviano l'argomento, si rifugiano nelle solite frasi, ma dagli sguardi capisco subito che per loro non è cambiato nulla.
Sono amici fantastici, onesti, veri e nessuno di loro, ovviamente, farebbe mai quello che il premier ha fatto, eppure mi accorgo che non è quello che può far sentire in loro il desiderio di un cambiamento.
Non è quella la strada per convincerli a schierarsi in favore del nuovo e della novità.
C'è qualcosa in loro che si è solidificato e che sarà difficile sciogliere, c'è l'amara convinzione che in fondo non si possa fare niente, che i politici sono tutti uguali, che in realtà non votare Berlusconi sarebbe giusto ma che votare un altro partito sarebbe troppo.

Stavolta decido di non accontentarmi. Li voglio convincere, ma non perderò tempo con discorsi sulla morale o su principi ideologici che sono distanti anni luce da loro, cresciuti nella convinzione che essere di sinistra voleva dire essere brave persone ma poco furbe, di buoni principi ma di scarsa concretezza.

Decido di provarci con una frase:
“Ragazzi, io scelgo di votare socialista per una semplice ragione di convenienza, non solo per una questione di ideali. Se spero di affermarmi, e se desidero gratificarmi anche sotto un profilo economico, devo sperare di vivere in un paese diverso, con una mentalità diametralmente opposta a quella attuale. Siamo ragazzi uguali: onesti, che sperano di ottenere con merito un futuro, che non riceveranno raccomandazioni. Spogliamo il nostro voto dai luoghi comuni e dalle rappresentazioni ideologiche che qualcuno ci ha imposto da quando siamo nati e semplifichiamo tutto: votiamo semplicemente chi sostiene il merito, ma chi sostiene anche chi
quel merito non l'ha raggiunto perchè magari non ha avuto le possibilità di farlo”.

Si conclude il nostro spuntino, non penso che una mia semplice frase possa suscitare in loro grandi riflessioni, ma in quel momento ho avuto la percezione che la nostra conversazione si fosse spostata su un binario più vicino a loro, più attinente al mondo in cui ogni giorno vivono.

Chissà se li ho convinti, sicuramente hanno capito quello che volevo dire.

A volte ci si dimentica che esiste una “convenienza” che non è solo una convenienza di comodo, che il rispetto delle regole e l'onestà sono i veri valori che possono fare aumentare il benessere sociale e individuale e che il socialismo può ancora essere una risposta per i giovani che vogliono guardare con speranza e ottimismo verso il futuro.


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