mercoledì 23 aprile 2014

Internazionalismo, orizzonte socialista per salvare la democrazia e l’Europa

Da L' "Avanti!" 

La democrazia non è solo un sistema di governo: rappresenta un delicato insieme di valori, di principi e di ideali, una storia lunga secoli. Una storia che, pur con difetti e storture, incarna il meglio disponibile sulla piazza della filosofia politica. La giustizia e la coesione sociale, i diritti di cittadinanza e la libertà, possono convivere unicamente in un regime democratico.  Ce lo dicono i teorici della politica e ce lo dice la storia.
Ma la democrazia non è, ovviamente, l’unico sistema di governo possibile. E non rappresenta, una volta conquistata, un dato di fatto che possa trascendere dalla forza degli eventi contingenti.
In particolare, a partire dalla rovinosa caduta dell’URSS, la globalizzazione è diventata il peggior nemico dei sistemi democratici. Al di là delle opinioni sul fenomeno, che si compone senza dubbio anche di effetti positivi, la globalizzazione ha oggettivamente spostato su scala globale le dinamiche della politica, dell’economia, della finanza e del lavoro, riducendo al minimo il margine di manovra degli stati nazionali, ambito in cui la democrazia moderna si è formata e vive tutto’oggi.
Se è vero che gli stati nazionali non sono mai stati totalmente indipendenti da scelte e pressioni esterne (in particolare per quanto riguarda l’economia), la globalizzazione galoppante e l’apertura dei mercati hanno sconvolto gli equilibri precedenti e stanno mettendo a dura prova la tenuta dei sistemi democratici.
Possiamo dire, oggi, che gli stati nazionali (o almeno quelli del mondo occidentale) abbiano la possibilità di decidere in autonomia quando si parla di economia, finanza, energia e lavoro?
Se gli stati nazionali hanno perso il potere di influenzare le sfere principali della vita della società, la democrazia negli stessi sembra rapidamente avviarsi a diventare “postdemocrazia”. Un sistema in cui forma e riti democratici tradizionali vengono salvaguardati (in Italia, pare, neanche quelli), ma la sovranità reale si trasferisce dal popolo alle elite economiche e burocratiche nazionali ed internazionali.
Quali sono, dunque, le possibilità che si aprono in questo scenario, posto che una delle missioni della socialdemocrazia contemporanea deve essere quella di salvaguardare la democrazia reale nel suo massimo grado possibile?
Contrastare la globalizzazione, chiudere le frontiere a merci, capitali ed individui ed arroccarsi negli stati nazionali (che di fatto hanno già smesso di esistere) è una risposta apparentemente semplice, ma si tratta di un’impresa da novelli Don Chisciotte nazionalisti e presenta ancor più grandi pericoli per la democrazia (oltre che per la coesione sociale, che sarebbe inevitabilmente travolta dalle conseguenze di tale scelta).
La risposta della socialdemocrazia a questo dilemma, a mio avviso uno dei principali della nostra epoca,  la offre l’internazionalismo.
Se la politica, la finanza, il commercio, l’industria, l’economia, il lavoro e le persone si muovono su scala globale, anche la democrazia (e i partiti socialdemocratici con lei) dovrà cominciare ad andare in quella direzione, se non vogliamo che diventi un ricordo, una “belle époque” cui guardare con nostalgia.
Se l’orizzonte è quindi l’internazionalismo, il primo passo verso lo stesso è l’Europa.
Con le prossime elezioni europee comincerà un timido processo di democratizzazione delle strutture comunitarie (anche se l’ indicazione dei candidati alla Presidenza della Comissione ricorda il brutto pasticcio del nostrano “capo della coalizione”), ma ci vuole di più.
E la prossima legislatura sarà forse una delle ultime occasioni per intraprendere questo difficile cammino. Gli stati smettano di trasferire sovranità all’Unione e comincino a costruire una sovranità europea, comincino a lavorare all’allargamento del contratto sociale a livello continentale.
La paziente costruzione di una Federazione europea, che abbia il mondo come orizzonte, può salvare la nostra democrazia dal pericolo di derive oligarchiche e aristocratiche.
Questa, credo, sarà la madre di tutte le battaglie per la difesa ed il rafforzamento della democrazia, e i socialisti italiani hanno il dovere di combatterla, in Italia e nel prossimo Parlamento Europeo.

Riccardo Galetti

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